Leggendo i dati che recentemente ARPAT, con un
comunicato ha messo a disposizione dei cittadini, riguardanti le misurazioni
sulle acque “trattate” del CISAM, il cui sversamento è iniziato da
alcuni giorni, si pongono alcune riflessioni e molte domande.
Partiamo
innanzitutto dall’introduzione. Si legge che il CISAM, per garantire
maggior trasparenza ha incaricato ENEA (che lo ricordiamo funge da mero
laboratorio analitico) per l’effettuazione di ulteriori analisi e quindi
“ha messo a disposizione dell'Agenzia un campione del primo lotto di
acqua trattata”. Quindi da chi è stato effettuato il campionamento
dell’acqua su cui sono state svolte le analisi? Dal CISAM? Da ARPAT? O
da ENEA?
Va ricordato che il campionamento è un momento
fondamentale nell’analisi. Ad esempio si devono utilizzare appositi
contenitori in materiali standard per non inquinare il campione. Anche
le modalità con cui si effettua il prelievo di materia, sia essa solida,
liquida o gassosa, sono standardizzate con apposite procedute. Il
campione poi deve essere conservato in maniera adeguata fino al momento
dell’analisi (e tenendo conto che le analisi di ENEA sono state
effettuate verosimilmente nei laboratori di Roma anche questo passaggio
appare cruciale) e subire eventuali adeguati pretrattamenti.
Tutte
queste informazioni devono essere poi tabulate e riportate nei
risultati dell’analisi. Quindi: come è stato effettuato il prelievo?
Come sono stati conservati i campioni? Quali eventuali trattamenti ha
subito?
Parliamo poi di rappresentatività, ovvero di
quanto i risultati di una misura riflettono la composizione del campione
o se il campione non rappresenta la popolazione da cui è stato
prelevato. Lo stadio è particolarmente critico quando il campione da
analizzare è un sistema di grandi dimensioni ed il prodotto finale dello
stadio di campionamento è generalmente costituito da pochi grammi del
materiale di partenza. Il campione deve avere, nei limiti del possibile,
una composizione identica alla composizione media della massa totale.
Esistono in letteratura numerose procedure da seguire, dette piani di
campionamento, spesso basate su considerazioni statistiche, per
stabilire il numero, la dimensione e l’ubicazione dei punti di prelievo
dei campioni, a seconda della natura del materiale da analizzare. In
generale si può affermare che la rappresentatività del risultato
analitico aumenta all’aumentare del numero di campioni prelevati ed
analizzati, in particolare se tali campioni derivano da punti diversi
del materiale di partenza.
Domanda: in quali e quanti punti della
vasca in cui è contenuta l’acqua trattata sono stati effettuati i
campionamenti? Sono stati effettuati prelievi unicamente superficiali o
anche in profondità?
E ancora: quali strumentazioni sono state
utilizzate per la misurazione? Prassi vorrebbe che nei risultati delle
analisi si facciamo almeno accenno agli stessi.
Non mi
addentro nella validazione del metodo analitico (tarature strumentali,
carte di controllo, confronti interlaboratorio, stima delle incertezze,
ecc) o di altri, come l’uso di materiali standard di riferimento,
argomenti che lascio all’approfondimento dei singoli e di cui sono
abbastanza sicuro che laboratori come quelli di ARPAT ed ENEA
dispongano.
Parliamo invece di normativa e dei limiti di
rilascio. Appare chiaro a tutti che gli stessi siano unicamente una
convenzione giuridica, basata si su dati scientifici, ma piegata
comunque alle necessità normative. È noto a tutti che gli elementi
radioattivi siano pericolosi per la salute (cancerogeni, mutageni, ecc)
il problema è che a differenza delle sostanze tossiche che hanno una
“soglia di tossicità” (concentrazione di sostanza al di sotto della
quale "quasi tutte" le persone esposte non corrono alcun rischio) per
queste l’unica soglia accettabile è, anzi dovrebbe essere, zero.
Ovviamente essendo già in minima parte naturalmente presenti in natura
ciò è impossibile. Certo da qui a fissare dei limiti puramente giuridici
c’è una bella differenza. Si tratta di un mero calcolo statistico, dove
il “rischio” è una mera cifra ritenuta “accettabile”. Limiti che, per
altro, variano da nazione a nazione, tanto per aumentarne l’aleatorietà.
Per fare un esempio, non troppo casuale: l’acqua di mare ha una
radioattività media di circa 10 Becquerel (Bq) per Litro (L), mentre in
questo caso, solo per il Trizio, i limiti per lo sversamento delle acque
trattate, autorizzato dallo Stato Maggiore della Marina (non
dall’Unione Europea, dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione o da
ARPAT!!!) dopo il parere di ISPRA, è di 100 Bq/L. Insomma il controllato
si auto impone dei limiti, che evidentemente è certo di rispettare.
E
veniamo ora alle misure. Si nota subito che su 9 elementi presi in
considerazione da ENEA, le concentrazioni misurate (indicate col simbolo “minore”) per 7 risultano inferiori ai limiti di rivelabilità (ovviamente rispetto allo strumento utilizzato, che come detto non è specificato) termine che indica la minima concentrazione alla quale è possibile condurre un'analisi qualitativa volta alla determinazione o meno della presenza di un determinato analita (sostanza in esame). Per ARPAT invece solo 1 elemento su 2 misurati risulta rilevabile e si noti che qui il limite di rivelabilità del Cesio-137 è diverso, ad indicare una differente procedura analitica. Segno comunque che la distillazione ha portato ad una, seppur non completa, eliminazione delle fonti radioattive, rilevabili prima del trattamento.
I
due elementi rilevati sono il Trizio, isotopo (atomo di uno stesso
elemento chimico e quindi con lo stesso numero atomico, ma con
differente numero di massa) dell’Idrogeno e l’Uranio-238, l’isotopo
dell’omonimo elemento chimico più abbondante in natura (circa 98% del
totale).
A quanto pare quindi questa “acqua distillata”
non è poi così “pura” se vi si ritrovano ancora metalli come l’Uranio
che, da quanto appreso, avrebbe dovuto essere praticamente assente e
quindi inferiore anch’esso al limite di rilevabilità. La domanda è:
perché? Cosa non ha funzionato se uno degli elementi più pesanti è
finito nel prodotto dell’evaporazione? “Semplice” contaminazione o
altro?
Ad ulteriore arricchimento si ricordi che l’Uranio, oltre
ai problemi causati dall’emissione di radiazioni, specie se emesse
dall’interno del corpo, presenta anche un’elevata tossicità a breve
termine, con effetti simili a quelli di Piombo e Tungsteno.
Quanto
al Trizio, le cui concentrazioni nelle acque non trattate si aggirava
attorno ai 75-80±8 Bq/L, come ampiamente previsto e preventivatom, è
presente in quantità più o meno invariata.
Da sottolineare la
grande diversità di risultato fornita dai laboratori di ENEA ed ARPAT,
con un divario che, al netto delle incertezze, potrebbe essere superiore
ai 40 Bq/L. Questo è dovuto, come ricordato altrove, alla difficoltà
nella misurazione del Trizio, causate dalla bassa energia di decadimento
radioattivo, che ne inficiano l’accuratezza, ovvero la misura
dell’errore sistematico che, come ricordato, dipendente da due fattori:
il metodo di analisi e le modalità di applicazione nel laboratorio.
Anche
la mancanza di precisione dei risultati rafforza la tesi secondo cui
una maggior cura del campionamento, un aumento del numero di misurazioni
e forse una diversa procedura di analisi avrebbero potuto portare, se
non una maggiore accuratezza, almeno qualche cifra in più su cui
ragionare.
Facendo poi un conto complessivo sui flussi e
quindi sulla quantità di Trizio liberata al netto dello sversamento
complessivo, ovvero dei 750.000 Litri, arriviamo a 54.000.000 (54
milioni) di Becquerel complessivamente rilasciati nell’ambiente. Cifra
considerevole.
E siamo solo al primo lotto di acqua,
quella più vecchia e quindi meno contaminata. Successivamente dovranno
essere trattate e sversate le acque della piscina utilizzate come
schermo per i lavori di smantellamento della struttura e che quindi
soffriranno di una contaminazione più pesante.
Una cosa è
certa: con tutti questi interrogati e queste poche ed imprecise risposte
la situazione è inquietante e preoccupante. Il controllo e la vigilanza
devono rimanere ai massimi livelli.
Maximiliano Bertoni - MoVimento 5 Stelle Viareggio