lunedì 18 novembre 2013

CISAM, riflessioni sull'analisi del primo lotto di acque trattate

Leggendo i dati che recentemente ARPAT, con un comunicato ha messo a disposizione dei cittadini, riguardanti le misurazioni sulle acque “trattate” del CISAM, il cui sversamento è iniziato da alcuni giorni, si pongono alcune riflessioni e molte domande.

Partiamo innanzitutto dall’introduzione. Si legge che il CISAM, per garantire maggior trasparenza ha incaricato ENEA (che lo ricordiamo funge da mero laboratorio analitico) per l’effettuazione di ulteriori analisi e quindi “ha messo a disposizione dell'Agenzia un campione del primo lotto di acqua trattata”. Quindi da chi è stato effettuato il campionamento dell’acqua su cui sono state svolte le analisi? Dal CISAM? Da ARPAT? O da ENEA?
 Va ricordato che il campionamento è un momento fondamentale nell’analisi. Ad esempio si devono utilizzare appositi contenitori in materiali standard per non inquinare il campione. Anche le modalità con cui si effettua il prelievo di materia, sia essa solida, liquida o gassosa, sono standardizzate con apposite procedute. Il campione poi deve essere conservato in maniera adeguata fino al momento dell’analisi (e tenendo conto che le analisi di ENEA sono state effettuate verosimilmente nei laboratori di Roma anche questo passaggio appare cruciale) e subire eventuali adeguati pretrattamenti.
Tutte queste informazioni devono essere poi tabulate e riportate nei risultati dell’analisi. Quindi: come è stato effettuato il prelievo? Come sono stati conservati i campioni? Quali eventuali trattamenti ha subito?

Parliamo poi di rappresentatività, ovvero di quanto i risultati di una misura riflettono la composizione del campione o se il campione non rappresenta la popolazione da cui è stato prelevato. Lo stadio è particolarmente critico quando il campione da analizzare è un sistema di grandi dimensioni ed il prodotto finale dello stadio di campionamento è generalmente costituito da pochi grammi del materiale di partenza. Il campione deve avere, nei limiti del possibile, una composizione identica alla composizione media della massa totale. Esistono in letteratura numerose procedure da seguire, dette piani di campionamento, spesso basate su considerazioni statistiche, per stabilire il numero, la dimensione e l’ubicazione dei punti di prelievo dei campioni, a seconda della natura del materiale da analizzare. In generale si può affermare che la rappresentatività del risultato analitico aumenta all’aumentare del numero di campioni prelevati ed analizzati, in particolare se tali campioni derivano da punti diversi del materiale di partenza.
Domanda: in quali e quanti punti della vasca in cui è contenuta l’acqua trattata sono stati effettuati i campionamenti? Sono stati effettuati prelievi unicamente superficiali o anche in profondità?
E ancora: quali strumentazioni sono state utilizzate per la misurazione? Prassi vorrebbe che nei risultati delle analisi si facciamo almeno accenno agli stessi.

Non mi addentro nella validazione del metodo analitico (tarature strumentali, carte di controllo, confronti interlaboratorio, stima delle incertezze, ecc) o di altri, come l’uso di materiali standard di riferimento, argomenti che lascio all’approfondimento dei singoli e di cui sono abbastanza sicuro che laboratori come quelli di ARPAT ed ENEA dispongano.

Parliamo invece di normativa e dei limiti di rilascio. Appare chiaro a tutti che gli stessi siano unicamente una convenzione giuridica, basata si su dati scientifici, ma piegata comunque alle necessità normative. È noto a tutti che gli elementi radioattivi siano pericolosi per la salute (cancerogeni, mutageni, ecc) il problema è che a differenza delle sostanze tossiche che hanno una “soglia di tossicità” (concentrazione di sostanza al di sotto della quale "quasi tutte" le persone esposte non corrono alcun rischio) per queste l’unica soglia accettabile è, anzi dovrebbe essere, zero. Ovviamente essendo già in minima parte naturalmente presenti in natura ciò è impossibile. Certo da qui a fissare dei limiti puramente giuridici c’è una bella differenza. Si tratta di un mero calcolo statistico, dove il “rischio” è una mera cifra ritenuta “accettabile”. Limiti che, per altro, variano da nazione a nazione, tanto per aumentarne l’aleatorietà. Per fare un esempio, non troppo casuale: l’acqua di mare ha una radioattività media di circa 10 Becquerel (Bq) per Litro (L), mentre in questo caso, solo per il Trizio, i limiti per lo sversamento delle acque trattate, autorizzato dallo Stato Maggiore della Marina (non dall’Unione Europea, dal Ministero dell’Ambiente, dalla Regione o da ARPAT!!!) dopo il parere di ISPRA, è di 100 Bq/L. Insomma il controllato si auto impone dei limiti, che evidentemente è certo di rispettare.

E veniamo ora alle misure. Si nota subito che su 9 elementi presi in considerazione da ENEA, le concentrazioni misurate (indicate col simbolo “minore”) per 7 risultano inferiori ai limiti di rivelabilità (ovviamente rispetto allo strumento utilizzato, che come detto non è specificato) termine che indica la minima concentrazione alla quale è possibile condurre un'analisi qualitativa volta alla determinazione o meno della presenza di un determinato analita (sostanza in esame). Per ARPAT invece solo 1 elemento su 2 misurati risulta rilevabile e si noti che qui il limite di rivelabilità del Cesio-137 è diverso, ad indicare una differente procedura analitica. Segno comunque che la distillazione ha portato ad una, seppur non completa, eliminazione delle fonti radioattive, rilevabili prima del trattamento.

I due elementi rilevati sono il Trizio, isotopo (atomo di uno stesso elemento chimico e quindi con lo stesso numero atomico, ma con differente numero di massa) dell’Idrogeno e l’Uranio-238, l’isotopo dell’omonimo elemento chimico più abbondante in natura (circa 98% del totale).
 A quanto pare quindi questa “acqua distillata” non è poi così “pura” se vi si ritrovano ancora metalli come l’Uranio che, da quanto appreso, avrebbe dovuto essere praticamente assente e quindi inferiore anch’esso al limite di rilevabilità. La domanda è: perché? Cosa non ha funzionato se uno degli elementi più pesanti è finito nel prodotto dell’evaporazione? “Semplice” contaminazione o altro?
Ad ulteriore arricchimento si ricordi che l’Uranio, oltre ai problemi causati dall’emissione di radiazioni, specie se emesse dall’interno del corpo, presenta anche un’elevata tossicità a breve termine, con effetti simili a quelli di Piombo e Tungsteno.

Quanto al Trizio, le cui concentrazioni nelle acque non trattate si aggirava attorno ai 75-80±8 Bq/L, come ampiamente previsto e preventivatom, è presente in quantità più o meno invariata.
Da sottolineare la grande diversità di risultato fornita dai laboratori di ENEA ed ARPAT, con un divario che, al netto delle incertezze, potrebbe essere superiore ai 40 Bq/L. Questo è dovuto, come ricordato altrove, alla difficoltà nella misurazione del Trizio, causate dalla bassa energia di decadimento radioattivo, che ne inficiano l’accuratezza, ovvero la misura dell’errore sistematico che, come ricordato, dipendente da due fattori: il metodo di analisi e le modalità di applicazione nel laboratorio.

Anche la mancanza di precisione dei risultati rafforza la tesi secondo cui una maggior cura del campionamento, un aumento del numero di misurazioni e forse una diversa procedura di analisi avrebbero potuto portare, se non una maggiore accuratezza, almeno qualche cifra in più su cui ragionare.
Facendo poi un conto complessivo sui flussi e quindi sulla quantità di Trizio liberata al netto dello sversamento complessivo, ovvero dei 750.000 Litri, arriviamo a 54.000.000 (54 milioni) di Becquerel complessivamente rilasciati nell’ambiente. Cifra considerevole.
E siamo solo al primo lotto di acqua, quella più vecchia e quindi meno contaminata. Successivamente dovranno essere trattate e sversate le acque della piscina utilizzate come schermo per i lavori di smantellamento della struttura e che quindi soffriranno di una contaminazione più pesante.

Una cosa è certa: con tutti questi interrogati e queste poche ed imprecise risposte la situazione è inquietante e preoccupante. Il controllo e la vigilanza devono rimanere ai massimi livelli.

Maximiliano Bertoni - MoVimento 5 Stelle Viareggio

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